1948-49. Compaiono i Gridi, opere ad olio su cartone o su tela in cui un fondo di monocromo, grigio o bluastro per lo più si staglia un tondo o più raramente un rettangolo centrale e all'interno di questa figura più o meno libera parole o numeri o segni di interpunzione accuratamente rifiniti con un carattere tipografico, assai simile a quello adoperato una decina d'anni dopo da Piero Manzoni per i suoi Alfabeti.
Chissà perché Bertini intitolava Gridi queste opere assolutamente spaesanti e impreviste: forse perché la parola posta così al centro del campo pittorico appariva dilatata, come “gridata” nel suo solitario offrirsi allo sguardo. Si trattava comunque di una parola “congelata” per parafrasare una felicissima intuizione di Rosalind Krauss riferita al cubismo: «[...] questo scacco calcolato dà loro una sorta di esistenza congelata, analoga a quella delle parole nei collages cubisti che, fuori da un contesto linguistico in cui creare senso, si trasformano in oggetti inerti»1. Ma è l'insieme che sconcerta: l'uso di semplici stracci, di cartoni, di materiali, di “contenuti” poveri volutamente dissacranti rispetto alla pretesa e rivendicata nobiltà della tradizione figurativa, per Bertini poteva anche essere soltanto una specie di insulto ironico e “toscano”, un gesto di rivolta: ma di fatto in quel gesto e in quell'insulto ricade e si condensa lo spirito del New Dada, specialmente di Jasper Johns i cui Target di quasi 10 anni posteriori (esposti per la prima volta nel '58 da Leo Castelli) sono incredibilmente prefigurati dal lavoro di Bertini. E non solo: i pezzi più geometrizzanti e colorati, per esempio Tre! Del '49, richiamano la prima Pop Art, seppure nella consistenza artigianale dei materiali, certe esperienze inglesi, soprattutto Paolozzi, o americane, alla Robert Indiana. Un fatto già notato da più parti. Restany: «Queste prime opere non-figurative evocano curiosamente per noi oggi – ma con dieci anni di anticipo – lo spirito neo-dada americano»2. Cesana: «sorprendenti anticipazioni di certe esperienze pop»3. Gindertael: «[...] il significato “bertiniano” si manifestava di già con qualche opera neo-dadaista dieci anni prima dei Johns e degli altri newyorkesi»4. Trini: «Numero sette è addirittura un'anticipazione straordinaria degli stilemi di Johns e Rauschenberg»5. E inoltre: i Gridi evocano in nuce anche alcune sperimentazioni condotte dal già ricordato Piero Manzoni e persino certe componenti della Poesia Visiva, alla quale non a caso l'artista si approssimerà nei primi anni Settanta pur mantenendo la propria sostanziale, e ben consolidata, autonomia operativa.
C'è da sottolineare, però, l'inevitabile differenza di moventi che animava la ricerca di Bertini: trasgressione, ironia, voglia di allargare gli orizzonti della pittura, si presume, e attenzione alla parola di spirito quasi lettrista, una parola il cui valore semantico non è ignorato ma, al contrario, concorre a dotare l'insieme del suo significato complessivo. E ci sono inoltre i riferimenti che, secondo la testimonianza dell'artista stesso, risalgono al futurismo e dadaismo. «In me poté facilmente rivelarsi l'inclinazione per il futuro-dadaismo. Così mi nacquero quasi spontaneamente quei quadri – i Gridi – con le lettere o le cifre stampigliate che esposi nel 1949.»6
Martina Corgnati in Percorsi, Prearo editore 2002
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